Nel 2018 il medico e criminologo di Sementina riuscì a risolvere l’omicidio Macchi avvenuto nel 1987 – Franco Posa risolve i cold case Caccia al “Mostro di Milano”
A cura di STEFANO PIAZZA
Il dottor Franco Posa di Bellinzona, attualmente direttore scientifico di “NeuroIntelligence”, attivo in diversi paesi è di nuovo alla prese con un caso che affonda le radici nel passato. Stavolta si tratta di un serial killer denominato dalla stampa “il mostro di Milano” che tra il 1963 e il 1976, ha ucciso otto donne. C’è chi è convinto che sarebbero undici i delitti collegati tra loro. Di questi delitti se ne è occupato il “Corriere della Sera” che ha rivelato in più inchieste come l’assassino abbia colpito all’interno “di un triangolo chiuso tra via Filzi, piazza Cordusio e via Pace”.
La storia
La catena degli omicidi del “mostro di Milano” inizia il 24 luglio del 1971 con l’omicidio della 25enne Simonetta Ferrero dirigente della Montedison, che attorno alle 10 del mattino esce dalla sua casa di via Osoppo per fare alcune compere prima di partire per le vacanze in Corsica con la sua famiglia. La giovane avvisa che tornerà per pranzo, ma così non sarà perché il suo corpo viene ritrovato due giorni dopo in un bagno dell’Università Cattolica di Milano, dove Simonetta Ferrero si era laureata due anni prima. Il corpo presenta 33 coltellate, 7 delle quali mortali. Le indagini presto si arenano perché nessuno ha visto o sentito nulla, il corpo martoriato da un coltello ben affilato a lama lunga era vestito, nessun segno di violenza sessuale e la donna presentava ferite alle mani che provano i suoi ultimi disperati tentativi di proteggersi dalla furia dell’assassino. Ma perché Simonetta Ferrero quella mattina si reca all’Università Cattolica? Per semplici esigenze fisiologiche? E perchè nei bagni del blocco G che erano i più lontani dall’ingresso dell’Università? Mistero. Durante le indagini vengono ascoltati alcuni sospettati. Uno tra tutti il seminarista che aveva trovato il corpo, poi vengono alcuni muratori che in quei giorni lavorano alla Cattolica ed infine alcune persone che avevano svolto dei colloqui con la Ferrero per l’assunzione alla Montedison, ma tutte le piste investigative non portano a nulla. Anche perché le indagini sulla vita della ragazza non trovano niente di particolare: non ha relazioni affettive e vive ancora con i suoi genitori. Nemmeno la pista della rapina porta a qualcosa, perché accanto al corpo della donna venne ritrovata la borsa con i soldi e aveva ancora un anello d’oro al dito. Dopo centinaia di interrogatori e dopo aver ascoltato una serie di mitomani che si autoaccusano del delitto resta un cadavere e mille domande. E poi cosa accade?
Se le indagini segnano il passo, il “mostro” tra il 1963 e il 1976, uccide, sempre con il coltello, la commessa Salvina Rota, l’affittacamere Adele Margherita Dossena madre dell’attrice italiana Agostina Belli, la venditrice ambulante Alba Trosti, le tre prostitute Olimpia Drusin, Elisa Casarotto, Tiziana Moscadelli, e la stilista Valentina Masneri.
Dottor Posa, nella sua lunga carriera ha risolto numerosi “cold case”, qual’è stato il più complicato e perché? E ha mai temuto durate un’indagine, di non riuscire a scoprire il colpevole?
Premetto che l’attività svolta è esclusivamente scientifica, come criminologo e criminalista mi sento sempre in dovere di precisare che non è mio compito trovare l’autore dei fatti. Nella mia esperienza i “cold case” trattati sono ad oggi oltre 35. Ogni caso è ricco di incognite nuove che necessitano ogni volta di strategie innovative che devono essere spesso costruite facendo riferimento ad ogni singolo caso. Inoltre faccio sempre prevalere il confronto con la comunità scientifica così da poter verificare costantemente la validazione delle tecniche applicate. Sicuramte una delle sfide piu interessanti dal punto di vista scientifico è l’attuale attività sui casi di Milano, sfida determinata dal numero dei casi, dalla loro geolocalizzazione, dalla lontana epoca dei fatti e dalle tecniche innovative applicate.
Cosa sono le neuroscienze forensi criminali diventate indispensabili per risolvere, ad esempio, i casi irrisolti da decenni?
Altra attività, eseguita da oltre vent’anni, è quella di valutare il comportamento del criminale, il modus operandi in un’ottica innovativa neuroscientifica forense. Oggi risulta possibile portare in giudizio elementi identificati attravareso lo studio del metabolismo cerebrale con tecniche ovviamente molto innovative (Risonanza magnetica funzionale, PET…) In questo modo portiamo al Pubblico Ministero o alle parti coinvolte in giudizio oggettivi elementi validi per poter definire un alterato libero arbitrio del soggetto posto in giudizio. Lo scopo è evidentemente quello di poter giustificare il comportamento e poter eventualmente dare parere favorevole da parte dei giudicanti ad alcune attenuanti generiche.
Lei si avvale nelle sue indagini sui delitti seriali di una tecnica specifica denominata “autopsia psicologica”. Di cosa si tratta esattamente?
L’autopsia psicologica viene applicata dalla
fine degli anni ‘60 in molti paesi. Si tratta di riuscire ad ascoltare persone che all’epoca dei fatti furono coinvolte direttamente o indirettamente con l’atto criminoso. Nelle nostre attività abbiamo applicato in nove “cold case” un innovativo schema di autopsia psicologica che ha portato a risultati clamorosi. In una delle ultime attività abbiamo recuperato materiale biologico conservato per 50 anni da una delle persone coinvolte nel delitto, materiale che fino a poche settimane fa nessuno poteva presumere fosse reperibile. Presenteremo al prossimo congresso della Società Europea di Criminologia alcuni elementi innovativi in merito ai nuovi protocolli di autopsia psicologica che stiamo utilizzando.
Cosa c’è nella mente di un serial killer e come si sviluppa la personalità di un individuo che, ad esempio, stupra e uccide per anni donne o uomini in serie?
Esistono molto risposte, ogni caso è a sé. Senza citare la classificazione didattica dei serial killer risulta evidente che le motivazioni sono sempre molteplici ed è veramente difficile poter elencare gli elementi che portano ad una evoluzione criminale della mente di un soggetto. Cito solo a titolo di esempio l’alterato stato passionale. Posso confermare comunque che è raro che un serial killer sia una persona con una patologia psichiatrica, questo legame spesso dato per scontato in realtà è molto raro.
È vero che si spingono sempre più oltre al limite perché nell’inconscio vorrebbero essere presi? Oppure si tratta di una leggenda metropolitana?
La sfida tra killer e forze dell’odine è uno degli elementi che tiene in vita la volontà di uccidere, ma è solo uno degli elementi.
Per tornare all’attualità come nasce il caso del “Mostro di Milano”? Come siete riusciti a collegare i delitti tra loro?
Stiamo analizzando elementi che possono portare ad identificare una sola mano come autore dei fatti almeno in alcuni dei casi. Lo stiamo facendo con ricostruzioni ad alta definizione sulle impronte dell’arma usata sulle vittime. Abbiamo svolto un attività di geolocalizzazione per delimitare l’area di operatività dell’autore dei fatti ed eventualmente la zona piu probabile di residenza. Non da ultimo abbiamo applicato un’autopsia psicologica innovativa e particolarmente strategica ascoltando decine di persone, ovviamente in vita, che hanno potuto fornirci dettagli importanti.
Infine, esiste la possibilità concreta che il “mostro di Milano” sia ancora in vita e possa qundi pagare per i suoi orrendi crimini ?
Vista l’epoca dei fatti lo ritengo poco probabile. Dal punto di vista scientifico è un’attività unica in Europa, innanzitutto per la lontana epoca dei fatti, per il numero dei casi, per la loro geolocalizzazione e poi per la possibilità di poter applicare tecniche molto innovative e molto proficue. Ad oggi siamo già in possesso di elementi oggettivi che dimostrano che in almeno cinque dei casi gli elementi in comune oggettivamente identificati sono molti, elementi che permettono di supportare l’ipotesi di un solo autore di questi reati.