Le sette donne uccise e i loro movimenti in un «triangolo» in centro città: lo staff del criminologo Franco Posa usa un sofisticato software americano, in uso alla polizia di New York, per elaborare una mole infinita di dati.
Tre scenari di lavoro: la rilettura dei vecchi fascicoli in un’ottica antitetica rispetto a quanto investigato allora, la ricerca di famigliari delle vittime al netto della distanza siderale da quei delitti, avvenuti negli anni Sessanta e Settanta, infine l’elaborazione del passato con i potenti strumenti attuali. Oggi, nel «percorso» capeggiato dal criminologo Franco Posa e dalla sua giovane squadra di colleghi, ci concentriamo sull’ultimo scenario, basato, nell’ipotesi di un serial killer di Milano che avrebbe ucciso sette donne, sempre con armi bianche, per lo più coltelli, senza che mai un omicidio venisse risolto, su di un triangolo geografico.
L’area è compresa tra via Filzi, piazza Cordusio e via Pace, e via via comprende Brera, piazza Duomo, l’area del tribunale. Entro questa zona, certo ampia e popolata, avrebbe vissuto e/o lavorato quell’assassino che mai, prima oppure dopo l’azione sanguinaria, si è impossessato di gioielli e denaro delle vittime. Per arrivare alla stesura, ancora embrionale, della mappa del serial killer, lo staff di Posa si sta servendo di un sofisticato software americano, in uso alla polizia di New York e presente nei dibattimenti degli Usa, a prova della sua validità scientifica (per ottenere l’abilitazione alla gestione del programma serve un anno intero). Il software elabora una mole infinita di dati concentrati nello specifico territorio sotto esame, incrociando da un versante le informazioni dei casi (i luoghi dove le donne furono trucidate e dove abitavano) e dall’altro versante che cosa, in quegli anni, successe in città dal punto di vista criminale, miscelando poi altre voci, per esempio i tragitti e le fermate dei mezzi pubblici.
Premessa doverosa, come insiste nel ribadire Posa: si procede tenendo come fondamenta delle ipotesi. Dopodiché, se davvero un uomo soltanto ha ucciso Olimpia Drusin, Elisa Casarotto, Adele Margherita Dossena, Salvina Rota, Simonetta Ferrero, Valentina Masneri e Tiziana Moscadelli, allora i suoi movimenti hanno preso origine in questo preciso triangolo, seppur, come detto, ancora parziale. Soprattutto perché il prossimo obiettivo è quello di isolare all’interno dell’area delle distinte strade. Percorse dalle donne, magari da più di una di loro, ed eventualmente appurando per quale motivo ci transitassero.
La presenza nel triangolo del serial killer deve avere una durata quotidiana di almeno otto ore, così ha stabilito il software macinando algoritmi, quindi un’abitazione certo, la pista che viene subito in mente, ma non di meno un’attività commerciale, un punto d’incontro con le future vittime. In alcuni omicidi (Adele Margherita Dossena, mamma dell’attrice Agostina Belli, la stilista Valentina Masneri e la commessa in un supermercato di largo Alpini, Salvina Rota) le donne aprirono la porta alla persona che le avrebbe ammazzate. Nel dettaglio, nei due locali casa-ufficio di Dossena, che gestiva una pensione in via Copernico, rimasero cristallizzati nella confusa scena del crimine due bicchieri da liquore e un vassoio di caramelle Sperlari in ordine sul tavolino dove incontrava gli ospiti.
Ugualmente, Valentina fece accomodare il killer accogliendolo in ciabatte e guanti per lavare i piatti, a conferma per appunto di una non estraneità dell’uomo. Valentina peraltro era di fretta, la aspettava un aereo a Linate con destinazione Francoforte per la presentazione di bozzetti a dei clienti. Quanto a Salvina, quella sera del giugno 1971, soltanto un mese prima del caso più mediatico, ovvero il «delitto della Cattolica» (Simonetta Ferrero massacrata in un bagno dell’ateneo), la ragazza salutò un’amica, la cameriera Teresa con la quale aveva condiviso un amante, di professione ferroviere con solido alibi, e salì tranquillamente nell’alloggio in via Tonale anche lei aprendo la porta all’assassino.
I fascicoli, forse più dei famigliari delle vittime, che verranno analizzati dall’avvocato Valter Biscotti, uno dei massimi penalisti italiani e dal suo staff, sempre in accordo e in sintonia con il capo-progetto, cioè il dottor Posa, forniranno per forza decisivi elementi aggiuntivi che potranno accompagnare l’esplorazione del triangolo geografico, trovando magari dei negozi dove le donne erano solite andare.