La 44enne fu pugnalata a novembre 1963 in via Pontano: è una delle sette donne uccise con identiche modalità in delitti avvenuti tra gli anni Sessanta e i Settanta. Le strane anomalie del delitto
Via Giovanni Pontano. Tolti i murales sulla massicciata della ferrovia, è l’identico posto. Una vita fa. Quella della 44enne Olimpia Drusin, sulla strada ribattezzata «Ollie la rossa» e pugnalata una mezzanotte di novembre del 1963 a bordo della sua macchina, un’Appia terza serie, grigia e targata MI 607147.
Fendenti numerosi su addome e torace, vibrati con forza. Drusin è una delle sette donne uccise con identiche modalità in delitti avvenuti tra quegli anni Sessanta (pochi mesi dopo morì un’altra prostituta, Elisa Casarotto, in un bosco di pioppi a Lacchiarella) e i Settanta, quando insieme a Simonetta Ferrero, Valentina Masneri, Adele Margherita Dossena e Salvina Rota, un uomo uccise una terza donna che si vendeva, Tiziana Moscadelli. Forse l’uomo è stato lo stesso, secondo l’impianto che il Corriere sta raccontando in questi giorni basandosi sulla ricerca, iniziata da tempo, autonoma a cominciare dalle spese, dal criminologo Franco Posa. Dunque, un serial killer.
Olimpia aveva un figlio e numerosi indirizzi. Cambiava spesso casa, forse per allontanarsi di volta in volta dalle malelingue, e disperatamente proteggere il ragazzo. Una lunga geografia per appunto, da viale Campania a via Giulianova, da via Padova a via Eustachi, più un’altra decina di indirizzi, alla fine della quale abbiamo trovato proprio quel figlio, che lei ebbe in giovanissima età. La contro-inchiesta registrerà un significativo sviluppo perché l’avvocato Valter Biscotti, fra i massimi penalisti d’Italia e sorretto da uno staff di esperti dall’informatica ai reperti, difenderàl’attrice Agostina Belli, 71enne figlia di Adele Margherita Dossena, presentando un’istanza per avere il fascicolo. Per intanto, il Corriere ha ascoltato il figlio di Olimpia.
«Faccio una premessa: preferisco rimanere anonimo, per proteggermi, alla mia età, da ulteriori problemi, dopo un’esistenza che me ne ha dati molti, moltissimi, con eccessivo accanimento… Ma andiamo avanti, sono uno tosto. Sì, mamma faceva la vita, diciamo così. La sua zona di partenza, la sera, era via Lazzaretto». Parentesi: nella parte inglobata tra Porta Venezia e la stazione Centrale (e dintorni), sono avvenuti tre degli omicidi. La 22enne Salvina, commessa in largo Alpini, fu uccisa nell’abitazione di via Tonale; la madre di Agostina Belli, nella pensione di due piani che gestiva in via Copernico; la stilista Valentina nel suo ampio appartamento in via Settala. Finora, abbiamo cristallizzato il collegamento tra Adele Margherita Dossena ed Elisa Casarotto, in virtù delle parole di Agostina Belli la quale ha confessato di un’amicizia tra le due donne, nonostante la differenza di età (Elisa era più giovane di vent’anni), un’amicizia che vide le due andare insieme in gita dalle parti del lago di Como e del Canton Ticino. L’iniziale analisi delle fotografie delle vittime non ha portato il figlio di Olimpia a individuare connessioni tra la mamma e le altre donne. Ma nonostante la dilatazione temporale rispetto ai delitti, persi in una stagione lontanissima, potrebbe essere ancora presto.
Ascoltiamolo di nuovo: «Ci fu un’evidente anomalia fin da subito, intendo dalla scena del crimine. Mamma era solita andare nelle vicinanze della stazione. Per quale motivo invece si spinse, con a bordo l’uomo che l’avrebbe assassinata, fino a via Pontano? Perché proprio lì, a una ventina di metri dall’abitazione di una sua cara amica? Con tutti i posti che c’erano in città, dico io… L’amica sostenne di non aver sentito né visto nulla. Mamma venne aggredita e cercò di difendersi, come testimoniano le ferite alle braccia. L’aggressione non penso durò pochi secondi… Mamma urlò, voglio pensare. E quella donna, ripeto, non si accorse di niente…».
Come in ogni altro caso assemblato da Posa, che grazie a software americani ha isolato un triangolo geografico entro il quale avrebbe vissuto e/o lavorato l’ipotetico serial killer, fra via Filzi, piazza Cordusio e via Pace, il delitto non fu la conseguenza o l’anticipazione di una rapina. Olimpia Drusin, che indossava una giacca verde con un collo di finto leopardo, aveva soldi nella borsa. Non glieli toccarono. Come Adele Margherita Dossena aveva sul comodino un orologio e un anello, Valentina Masneri ed Elisa Casarotto ugualmente dei soldi… «Ora, non so dirle se le indagini vennero fatte bene… Ma insomma… Il colpevole non è mai stato trovato, il risultato questo è. Se esiste un minimo spiraglio per riaprire i fascicoli e tentare con gli strumenti attuali di capire cosa realmente avvenne, perché esimersi?». Si parlò di un’agendina, sulla quale erano segnati dei nomi, compreso quello di un sacerdote che aveva prestato servizio come cappellano sulle navi per l’Argentina. Pochi mesi dopo la fine di «Ollie la rossa», quel prete, 54enne, si tolse la vita. Trovarono il cadavere a brandelli sui binari del treno. Fra gli inquirenti non vi dubbio alcuno che si fosse trattato di un suicidio.